SOCIETÀ DI CAPITALI: la cancellazione volontaria comporta la rinuncia all’azione di indebito bancario

Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm

La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società di capitali ne provoca l’estinzione e comporta la rinuncia all’esercizio di mere pretese, (azione di indebito bancario) ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei diritti di credito, controversi e/o illiquidi, la cui inclusione nel bilancio di liquidazione avrebbe necessitato di una ulteriore attività giudiziale e/o stragiudiziale da parte del liquidatore.

La trasmissione ai soci può riguardare solo i diritti ed i beni e non anche le mere pretese e/o i diritti di credito controversi ed illiquidi, e le domande proposte dalla società sono suscettibili di una pronuncia di cessazione della materia del contendere.

Questi i principi di diritto espressi dal Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi, con la sentenza pubblicata in data 30/09/2016.

In particolare è accaduto che una Società in liquidazione, ed i fideiussori, avevano convenuto in giudizio la Banca al fine di ottenere la restituzione di somme asseritamente corrisposte a titolo di anatocismo, commissioni di massimo scoperto, spese e interessi ultralegali non pattuiti per iscritto e superiori al tasso soglia, in relazione a rapporti di conto corrente intrattenuti dalla società con l’istituto di credito convenuto.

Si costituiva in giudizio la Banca, ed altresì un fideiussore, anche nella qualità di socio unico della società, il quale, sul presupposto dell’avvenuta estinzione di detta ultima, dichiarava di intervenire quale successore della stessa, per l’accoglimento delle domande di cui all’atto introduttivo.

La convenuta banca in particolare chiedeva, in via preliminare, dichiararsi l’interruzione del giudizio, stante la cancellazione della società attrice dal registro delle imprese in epoca successiva alla notifica dell’atto di citazione.

Il Tribunale, in ragione di tale evento, ha ritenuto doversi fare applicazione, nella specie, del principio secondo cui “ove una società si estingua a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, i diritti e i beni si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa; la cancellazione implica, invece, rinuncia all’esercizio di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei diritti di credito, controversi o illiquidi, la cui inclusione nel bilancio di liquidazione avrebbe necessitato di una ulteriore attività giudiziale o stragiudiziale da parte del liquidatore” (cfr. Cass. civ. sez. un. nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013).

In virtù di ciò, ha considerato preclusa ogni valutazione sulla fondatezza nel merito della pretesa azionata in giudizio dall’attrice, perché la stessa, cancellandosi volontariamente dal Registro delle imprese, in pendenza del processo, ha provato di non volerla ulteriormente coltivare.

Il Tribunale ha rilevato del resto che l’azione proposta dalla Società, poi cancellata, aveva ad oggetto non già diritti ma mere pretese “il cui accertamento necessitava di una complessa attività istruttoria, come, del resto, ha provato lo stesso iter del processo, nel quale era stata sollecitata ad opera degli attori una CTU contabile, al fine di quantificare i reciproci rapporti di dare avere”.

In questi stessi termini, risulta particolarmente significativo un precedente delle Sezioni Unite, secondo cui: “È ben possibile che la stessa scelta della società di cancellarsi dal registro senza tener conto di una pendenza non ancora definita, ma della quale il liquidatore aveva (o si può ragionevolmente presumere che avesse) contezza, sia da intendere come una tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa pretesa (si veda, ad esempio, la fattispecie esaminata da Cass. 16 luglio 2010, n. 16758); ma ciò può postularsi agevolmente quando si tratti, appunto, di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, cui ancora non corrisponda la possibilità d’individuare con sicurezza nel patrimonio sociale un diritto o un bene definito, onde un tal diritto o un tal bene non avrebbero neppure perciò potuto ragionevolmente essere iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione”.

Né è stato ritenuto ipotizzabile un fenomeno successorio in capo al socio unico, perché la trasmissione ai soci può riguardare solo i diritti ed i beni e non anche le mere pretese o i diritti di credito controversi ed illiquidi, il cui accertamento necessita di ulteriori attività istruttorie, e l’evento estintivo può comportare la trasmissione ai soci dei soli diritti certi e dei beni che erano nella disponibilità della stessa.

Il Tribunale ha, quindi, dichiarato la cessazione della materia del contendere relativamente alle pretese avanzate dalla società cancellata rigettando, altresì, le domande proposte dai fideiussori condannandoli alla refusione delle spese processuali.

Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:

SOCIETÀ: I SOCI NON POSSONO PROPORRE AZIONE DI INDEBITO DOPO LA CANCELLAZIONE

LE PRETESE INIDONEE AD ESSERE ISCRITTE IN BILANCIO SI INTENDONO RINUNCIATE
Sentenza | Tribunale di Milano, Dott.ssa Silvia Brat | 01.04.2015 | n.4195

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/societa-i-soci-non-possono-proporre-azione-di-indebito-dopo-la-cancellazione

SOCIETÀ CANCELLATE DAL REGISTRO IMPRESE = EFFETTI PROCESSUALI

LE SEZIONI UNITE SI PRONUNCIANO SULLA SORTE DEI RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI DELLE SOCIETÀ ESTINTE PER CANCELLAZIONE DAL REGISTRO DELLE IMPRESE.

Sentenza | Sentenza Cassazione civile, Sezioni Unite | 12.03.2013 | n.6070

http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/societa-cancellate-dal-registro-imprese-effetti-processuali