Procedimento patrocinato da De Simone Law Firm
I crediti del “de cuius”, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell’art. 752 c.c. prevista solo per i debiti.
La diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente art. 727 c.c., il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo art. 757, che, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l’unico credito succede nel credito al momento dell’apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall’art. 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione.
Ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Giudice Massimiliano Sacchi, con l’ordinanza del 23.10.2017, resa nell’ambito di un procedimento ex art 702-bis promosso da alcuni eredi contro una banca perché fosse accertato il loro diritto ad ottenere la propria quota di eredità della successione, consistente in somme depositate dal de cuius presso una filiale della banca convenuta.
Si costituiva la Banca che, pur non negando l’esistenza del rapporto di conto corrente intestato al de cuius, deduceva di non poter procedere allo svincolo pro quota degli importi, poiché i ricorrenti non avevano né provato la propria qualità di coeredi né risultava chiaro il numero di coloro che effettivamente concorrevano alla ripartizione della massa ereditaria.
L’istituto di credito, infatti, eccepiva che i ricorrenti non avevano presentato alcuna idonea documentazione al fine di ottenere lo svincolo delle somme avendo fornito semplicemente dichiarazioni di successione e dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorieta’ ex art. 21, 2 comma T.U. 445/200 sottoscritte disgiuntamente, le quali hanno valore solo da un punto di vista amministrativo e non equivalgono ad accettazione dell’eredità.
Il Giudicante, facendo riferimento anche al concorde orientamento della Suprema Corte, chiarisce innanzitutto che i crediti del de cuius non seguono la medesima disciplina dei debiti (che s’intendono automaticamente ripartiti tra i coeredi) bensì entrano a far parte della comunione ereditaria per poi essere ripartiti tra gli eredi, previa stima dei beni, in proporzione dell’entità di ciascuna quota, come evincibile dall’interpretazione dell’art. 727 c.c..
Il Tribunale, quindi, aderendo alle eccezioni della banca resistente, pur premettendo che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ribadisce la possibilità, come nel caso di specie, per il convenuto debitore di chiedere l’intervento di questi ultimi perché vi è interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.
Il Giudice, quindi, in assenza di evidenze documentali da cui fosse evincibile in maniera inequivoca il numero dei coeredi e, quindi, l’ammontare delle quote di ciascuno, ha valutato come imprescindibile l’integrazione del contraddittorio verso gli altri chiamati all’ eredità, ordinando il mutamento del rito con passaggio dal rito 702 bis al rito ordinario.